L’argomento green pass presenta diversi livelli di analisi, difficili – quando non impossibili – da districare e separare, e tutti egualmente importanti. Vogliamo provare con questa riflessione a portare il nostro contributo alla discussione.
Crediamo che, tra le tante definizioni che si possono dare del green pass, vi sia quella di “arma di distrazione di massa”, senza negarne l’importanza, ma cercando piuttosto di metterlo sullo stesso piano di tutto ciò che, dall’inizio della pandemia, viene costantemente oscurato: primo tra tutti, il collasso della sanità pubblica.
Un collasso che è avvenuto sotto agli occhi di un sistema a cui non interessa delle persone che ha perso, né di quelle che potrebbe perdere. E non parliamo solo di chi è morto di COVID-19, ma di tutte quelle persone (come i pazienti oncologici, o cronici) che si sono trovate – o si trovano tutt’ora – davanti alla impossibilità oggettiva di ricevere le visite e le cure necessarie in tempo adeguato. Perché non si muore di solo COVID-19: parliamo di chi da sempre ha difficoltà di accesso al Servizio Sanitario Nazionale, di chi ha davanti liste d’attesa di anche un anno per attività di screening, di chi non può permettersi il privato tanto caro a chi, come chi siede in Regione Lombardia, da decenni discrimina per reddito.
In questo senso, il green pass viene utilizzato per togliere dai riflettori tutto ciò che si sarebbe dovuto fare sin dall’inizio della pandemia da SARS-CoV-2, e che invece non è stato fatto: un reale ed efficiente tracciamento dei contatti, un ampliamento dei tamponi PCR gratuiti, una implementazione delle misure igieniche e di prevenzione sui mezzi di trasporto, nei luoghi di lavoro e di socialità, il rafforzamento della medicina territoriale, l’avvio di una alfabetizzazione e comunicazione sanitaria non paternalista.
La narrazione secondo cui la vaccinazione sia bastevole a uscire dalla pandemia è una narrazione falsata: la vaccinazione (e la strategia vaccinale, più in generale) è importante ma non sufficiente, se non viene inserita in una strategia di sanità pubblica che sia orientata alla difesa della salute di tutte e tutti, e non al profitto, e che abbia un respiro globale.
Riteniamo, inoltre, che il green pass abbia un effetto profondamente divisivo nelle comunità e a livello di relazioni interpersonali, così come ne riconosciamo il peso, come ricatto, nella quotidianità di chi ha scelto di non vaccinarsi.
Ci opponiamo a ogni tentativo di creazione del “nemico interno”, che appiattisce sull’etichetta “No-Vax” posizionamenti molto diversi, e in alcuni casi inconciliabili: una dinamica che abbiamo visto in azione sin dall’inizio della pandemia, e che è servita solo a deresponsabilizzare lo Stato.
Così come è stato proposto, il green pass non è uno strumento né di tracciamento né di prevenzione: al contrario, va ad aggiungersi ai tanti strumenti di ricatto che subiamo nelle nostre vite, a partire dalla sfera lavorativa.
Una strategia di salute pubblica non può basarsi sul ricatto, né scaricare il peso di un sistema sanitario al collasso sulla responsabilità individuale.
Per noi, lottare contro questa logica significa anche lottare contro chi – e qui, nessuno è escluso – per anni ha cercato di annientare la sanità pubblica in favore di una sanità classista orientata al profitto.
Non intendiamo fermarci al green pass. Mentre scriviamo, si sta prefigurando l’ennesima riforma del Sistema Sanitario Lombardo, che non risolve le contraddizioni del sistema ma le rafforza, in una corsa al profitto che ignora deliberatamente i bisogni di salute della collettività. A questo proposito sono già attivi percorsi cittadini di riflessione e produzione di iniziative per riportare al centro dell’attenzione tutti gli aspetti (sanitari e non) che concorrono a determinare la salute collettiva. Saremo all’interno di ogni iniziativa che ponga concetti come benessere e cura al di sopra del profitto.