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Quando i clandestini eravamo noi e la Romania non voleva gli italiani
A metà del ‘900 non erano gli italiani a considerare i rumeni criminali, ma i rumeni a controllare le dogane per non essere invasi dagli italiani. I nostri connazionali creavano non pochi problemi: violenti, indisciplinati. La loro storia, fatta di stracci e pregiudizi, si è intrecciata con i tentativi italiani di evitare che gli indesiderabili lasciassero i confini nazionali e andassero a creare problemi alla dittatura amica del generale Ion Antonescu.
Cancellati dalla memoria di un Paese, facile a rovesciare i pregiudizi su altri, i problemi dell’emigrazione italiana in Romania escono dalla polvere degli Archivi di Stato grazie alla mostra “Tracce dell’emigrazione parmense e italiana fra il XVI e XX secolo”. Oltre cento documenti, molti gli inediti. Tra questi una lettera con il timbro del ministero dell’Interno (Il documento.tif) inviata il 28 agosto 1942 a tutti i questori del Regno, al ministero degli Affari esteri, al Governo della Dalmazia, alla direzione di polizia di Zara e all’alto commissario di Lubiana. Diramava un ordine preciso: evitare che gli italiani espatriassero in Romania.
Carmine Senise, uno dei partecipanti alla congiura del 25 luglio, l’uomo che propose di fare arrestare Mussolini a Villa Savoia, fu anche il capo della polizia che stigmatizzò il comportamento dei connazionali: “La legazione in Bucarest segnala che alcuni connazionali, giunti in Romania a titolo temporaneo, non lasciano il Paese alla scadenza del loro permesso di soggiorno provocando inconvenienti con le autorità di polizia romene anche per il contegno non sempre esemplare da loro tenuto e per l’attività non completamente chiara dai predetti svolta”. La situazione lo preoccupava non poco: “Stante il crescente afflusso di connazionali in Romania si dispone che le richieste di espatrio colà vengano vagliate con particolare severità per quanto riguarda in special modo la condotta morale o politica degli interessati ed i motivi addotti, inoltrando a questo Ministero, Ufficio Passaporti, soltanto quelle che rivestano carattere di assoluta e inderogabile necessità”.
D’altronde che tra gli emigrati non ci fossero solo lavoratori in cerca dell’America, ma anche avventurieri con pochi scrupoli è storia risaputa e testimoniata, in questa mostra, da altre missive, denunce e lamentele. La più antica è una lettera del console italiano in India che nel 1893 informava la madrepatria come a Bombay tutti coloro che sfruttavano la prostituzione venissero chiamati “italiani”. Un’associazione di idee non certo lusinghiera.
I nostri connazionali, come tutti gli emigranti, non rappresentavano solo un problema di sicurezza, ma anche una risorsa economica, tanto che Mussolini, come testimonia una delle circolari esposte, vietò l’espatrio alla manodopera specializzata. Potevano partire solo operai semplici, braccia che rischiavano di finire nel tritacarne dell’immigrazione clandestina. Che esisteva allora come oggi. La mostra documenta una serie di espatri irregolari avvenuti tra il 1925 e il 1973: gli italiani arrivavano in Francia e in Corsica, ma anche in altri paesi, con permessi turistici e poi si fermavano ben oltre la scadenza, altri entravano con in mano un visto di transito, ma non lasciavano il paese in cui erano solo di passaggio. Altri ancora ottenevano passaporti falsi o raggiungevano l’America tramite biglietti inviati, ufficialmente, da parenti e amici. In realtà, una volta dall’altra parte dell’Oceano, ad attenderli erano agrari che li costringevano a turni di lavoro massacranti perché ripagassero, senza stipendio, il costo di quel viaggio della speranza. Anche questo “racket”, documentato con materiale del 1908 (Ministero degli Esteri pag. 1/2/3.tif), contribuisce all’affresco di un’epoca, non troppo lontana, in cui i rumeni – criminalizzati, non graditi o sfruttati – eravamo noi.
I morti che non vi dicono
Polizia deporta gli abitanti di un palazzo di via crespi
Ci si chiede la ragione di tanta violenza, qual è il motivo che spinge le forze dell’ordine di Milano ad andare a sgomberare un palazzo in zona via Padova – viale Monza, dove la presenza di migranti è altissima. Ma ci si chiede anche perché, nella medesima zona, persino il semplice distribuire volantini di informazione sull’attività dell’ambulatorio e sui diritti dei migranti è ritenuto un’attività da monitorare, con camionette e personale in divisa e in borghese.
Forse la paura palpabile e soffocante che si cerca di diffondere è la risposta alla paura che i migranti comincino a lottare per i propri diritti, per il diritto a poter avere una vita.
[Fonte: Comitato Antirazzista di Milano]
Via le ronde dal decreto: spostate in un altro DDL
Da punto di vista tecnico, la norma sulle ronde verrà eliminata dal decreto o con un emendamento soppressivo del governo o con uno dell’opposizione su cui il governo renderà parere positivo. Quelle norme verranno molto probabilmente inserite in un disegno di legge di cui il governo chiederà l’esame quanto prima già nella riunione dei capigruppo prevista per questo pomeriggio.
“Quando prevalgono la saggezza e la ragionevolezza non vince nessuno ma sono tutti a vincere”, spiega il capogruppo del Pd Antonello Soro. “Siamo molto soddisfatti – sostiene Michele Vietti (Udc) – che il governo abbia cambiato parere su una nostra proposta molto ragionevole. Grazie al nostro ostruzionismo salta un macigno e ora siamo impegnati nell’accelerare l’esame del testo”.
Polemico, invece, il ministro della Difesa Ignazio La Russa: “Nessun passo indietro, metteremo la fiducia probabilmente lunedì 20 aprile. L’atteggiamento della sinistra ci costringe a un voto di fiducia che è figlio di un’inutile e sterile polemica”.
[Fonti: http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/dl-sicurezza-4/no-ronde/no-ronde.html, http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE53706320090408]
AAA Cercasi badante da drogare e stuprare
Di seguito l’articolo di Affari Italiani.
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Ha stuprato due donne drogandole con un tranquillante nascosto nel caffè che aveva offerto loro mentre fingeva di svolgere un colloquio per assumerle come badanti. Per questo oggi Daniele Scardetta, milanese di 44 anni, è stato condannato a 10 anni di reclusione con rito abbreviato.
Gli episodi contestati risalgono al 15 marzo e al 20 luglio 2008. In base a quanto ricostruito dal pubblico ministero Marco Ghezzi, entrambe le vittime sono state narcotizzate con medicinali contenenti benzodiazepine, un principio attivo che stordisce al punto che dopo le aggressioni le vittime non ricordavano nulla dell’uomo indagato per altri stupri ai danni di donne avvicinate fingendo di offrire loro un lavoro, o spacciandosi per un esponente delle forze dell’ordine e già condannato in passato per tre violenze sessuali. A marzo la prima vittima, un’ecuadoriana di 52 anni, ha risposto a un annuncio sul giornale di un certo Silvano malato di tumore che cercava una badante che si occupasse di lui. La donna aveva telefonato al numero pubblicato e si era accordata con il sedicente malato per un colloquio. Il 15 si è coså presentata a casa del 44enne, un magazziniere disoccupato, in via degli Appennini che, con la scusa di un caffè, l’aveva drogata con un psicofarmaco triturato nel caffè e violentata. La 52enne era stata successivamente trovata in stato di shock dagli agenti di una volante nel mezzanino della metropolitana.
Ai poliziotti non aveva saputo dire cosa le fosse successo nelle ultime ore, ma era stata tuttavia accompagnata all’Svs della Mangiagalli perché aveva addosso tracce di sperma che inducevano a sospettare un’aggressione sessuale. Il ricordo è emerso solo nei mesi seguenti, grazie a una terapia di sostegno psicologico sostenuta dalla donna, che poi ha sporto formalmente querela a luglio. Proprio in quello stesso mese è avvenuto il secondo stupro contestato in questo procedimento, ai danni di un’italiana di 26 anni.
Anche in questo caso la vittima aveva risposto a un annuncio di lavoro, ma in occasione del primo colloquio la ragazza non aveva voluto bere il caffè. In questo caso Scardetta aveva tentato di baciarla sul collo, ma si era fermato di fronte all’opposizione della donna. Quest’ ultima, però, era tornata a sostenere un secondo colloquio perché l’ offerta di lavoro era troppo importante per lei. In questo caso ha accettato la bevanda ed è stata stuprata. Le violenze però sono proseguite quando, qualche giorno dopo, Scardetta l’ha chiamata, invitandola a guardare dalla finestra mentre si masturbava.
La 26enne lo ha denunciato, quando ha riconosciuto il suo aggressore dalle notizie apparse sui giornali in occasione dell’arresto, avvenuto a settembre. Di qui la querela. Per questi fatti, Scardetta risponde di violenza sessuale con le aggravanti dell’abuso di ospitalità, dell’uso di sostanze narcotiche e la recidiva, insieme ai reati di stato di incapacità procurato mediante violenza e atti osceni.
La condanna è stata inflitta dal gup Giuseppe Gennari, che ha riconosciuto provvisionali intorno ai 30mila euro per le due vittime costituitesi parte civile. Il primo stupro è stato confessato dall’ imputato, che invece ha sempre negato di aver commesso l’altra violenza.
A incastrarlo ci sono due particolari forniti dalla vittima su una piccola macchina gialla utilizzata dall’aggressore per accompagnarla a casa (Scardetta ha una Citroen gialla) e su uno strano post-it appeso all’ingresso dell’abitazione in cui c’era scritto per eventuali ladri che la casa era appena stata ripulita (post-it ritrovato nell’appartamento del sospettato da poco “visitato”). Tra l’ altro, questa non è la prima condanna a carico di Scardetta. Prima che questi fatti fossero commessi, il gup Nicola Clivio gli aveva inflitto con rito abbreviato una condanna a 8 anni di carcere per 17 capi di imputazione che ricomprendevano altre tre violenze sessuali con l’ utilizzo di un narcotico, alcune rapine e un porto illegale di pistola.
In appello la pena era stata ridotta a 6 anni e 10 mesi di reclusione, di cui Scardetta ne aveva scontati effettivamente tre. Era uscito nel 2006 dopo essersi sottoposto volontariamente al programma di riabilitazione del criminologo Paolo Giulini. Alla luce dei fatti avvenuti dopo la sua scarcerazione, per la Procura va sottolineata la sua particolare pericolosità.
[Fonti: http://www.affaritaliani.it/milano/milanolavoroMI060409_pg_2.html, http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=342092, http://www.agi.it/milano/notizie/200904061434-cro-r012502-art.html]
Bambini vivevano nei tombini a Roma
Le immagini e le testimonianze, raccolte da Sat 2000 rivelano un vero e proprio mondo, fatto di coperte e cartoni, nascosto sotto il coperchio dei tombini. Sono questi i giacigli dei disperati della stazione Ostiense: si dorme solo accovacciati o in verticale, con un pertugio aperto per respirare, ma la collocazione è già un privilegio e per questo la permanenza era a pagamento. E dai numerosi passanti della stazione? Invisibili.
Dopo il salvataggio dei giovani profughi, però, Belviso lancia l’allarme: «i centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati di Roma sono pieni: la domanda è raddoppiata negli ultimi quattro mesi. Quello dei minori afghani è solo un esempio di una situazione che a Roma sta diventando sempre più difficile: in soli 4 mesi la richiesta di accoglienza di minori non accompagnati è aumentata del 100%». I 900 posti offerti nelle cento strutture di accoglienza, tra accreditate e convenzionate, sono ormai saturi e – avverte l’assessore – «spesso siamo costretti ad appoggiarci ad altre regioni, con costi molto elevati».
[Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200904articoli/42530girata.asp]