Lettera alla Milano del “vento che cambia”

Perche’ mai l’unica legge che prevale sempre debba essere quella del profitto non lo capiremo mai.
Per questo non lo accettiamo, ma non chiediamo trattative o comodati o corsie preferenziali.
Chiediamo di prendere atto di quanto stia pesando nella vita delle persone il criminale cambiamento del sistema sanitario nella nostra regione da “servizio” ad “azienda”. Il che vuol dire, dalla riforma Formigoni del 2001, tanti e tanti soldi ai privati modello Clinica Santa Rita, che fanno affari d’oro, e per vecchi e nuovi italiani ticket onerosi, e chiusura progressiva di servizi di grande impatto sociale, consultori, area dell’handicap e del disagio psico-sociale, aids e tossicodipendenza… per migranti non in regola, si aggiunga l’impossibilità di accedere ai servizi di medicina di base.
Nel nostro quartiere multietnico (non ce ne vogliano i leghisti, è questo il futuro) vediamo anche la paura delle percosse nel corso dei rastrellamenti, paura della lunga prigionia nei CIE, paura dell’espulsione, la rabbia per le truffe in corso di sanatoria, per gli affitti da rapina a posto letto, per comportamenti razzisti e discriminatori in uffici e strutture sanitarie, e soprattutto per l’assoluta ricattabilità nel lavoro: la Bossi Fini non
è una legge sulla immigrazione, è una legge sul mercato del lavoro. Per tutto questo collaboriamo con gli avvocati del Punto San Precario, perchè anche la tutela legale gratuita è un diritto negato.
D’altra parte sappiamo che, se si vuole, si può: all’Ospedale San Paolo un ambulatorio per migranti senza tessera sanitaria, nato anche sotto l’impulso del nostro lavoro, garantisce un servizio importante, peraltro previsto dalla legge, con costi certamente inferiori a quelli richiesti dalle camionette, dagli sgomberi dei campi Rom, dalle retate sugli autobus, e porta le cure essenziali dall’ambito del volontariato a quello, più consono, del sistema sanitario pubblico. L’apertura di altre strutture simili è uno dei nostri obiettivi.
Un altro nostro obiettivo, non sembri strano, è quello di chiudere: lo faremo nel momento in cui a tutti e a tutte venga garantito il diritto alla salute.
A questa nuova giunta non chiediamo nulla per la nostra associazione e per i nostri collettivi ma abbiamo da porre sul tavolo tre richieste politiche:
1) garantire, per quanto compete al comune, i diritti fondamentali per tutti, lavorando per fare in modo che i servizi comunali siano adeguati per tutta la popolazione
2) fare un appello alla regione perchè venga garantita la medicina di base a tutti come già avviene in altre regioni italiane
3) alzare una voce istituzionale contro la vergogna che si ripete giorno dopo giorno nel CIE di Via Corelli dove ogni sorta di sopruso viene praticato su persone rinchiuse fino a 18 mesi solo per mancanza di un pezzo di carta, dove rivolte e pestaggi sono cronaca quotidiana da quando sono stati vietati i cellulari.
Non essendoci le condizioni politiche per chiudere resisteremo ancora una volta, e facciamo appello a tutta la città perchè ci aiuti a proseguire la nostra esperienza e la battaglia per uno stato sociale che garantisca a tutte le persone l’accesso gratuito al Servizio Sanitario e in generale la dignità ad accedere a tutti i diritti fondamentali

 

L’Albertino

A casa nostra c’è una sola parola per definire questa distinzione, e si chiama razzismo: il consigliere comunale Ribolla, nel merito della proposta di benemerenza all’associazione Oikos ha pensato bene di bocciare la proposta per il semplice motivo che “l’associazione Oikos fornisce assistenza sanitaria anche a chi non ha il permesso di soggiorno e i clandestini non devono essere curati”.
Tralasciamo l’affermazione grottesca, ai limiti dell’indecenza e del populismo più triviale che offende i medici e il giuramento di Ippocrate, vorremmo solo chiedere a Ribolla perchè fa tanta fatica a definirsi razzista, evitando di nascondersi dietro a questioni burocratiche (permesso sì o permesso no).
Probabilmente Albertino è cresciuto nel piccolo mondo felice del Mulino Bianco, con il sedere nella bambagia, un mondo di suoi simili figli di papà biondini, carini e padani, dove non c’è spazio per chi è diverso.
Sentiamo il vuoto cerebrale di Ribolla che rimbomba fino a qui, probabilmente il suo carico di ideologia (duri studi sui primi discorsi di Bossi, sulle raffinate riflessioni di Miglio e sui fumetti di Thor) l’ha portato ad aprire la bocca e emettere suoni senza senso, per l’ennesima volta.

 

Intervista di mag|zine

negli anni, si è trasformato in centro sociale, condominio e anche clinica per migranti. Striscioni e murales testimoniano i quindici anni di attività. Sandra, co-fondatrice dell’Ambulatorio Medico Popolare, spiega le difficoltà di garantire il diritto alla salute.

Riprese di Giulia Dedionigi e Carlotta Garancini
Montaggio di Giulia Dedionigi e Gregorio Romeo

Il Telefono Viola denuncia i reparti psichiatrici di Milano

Giorgio Pompa, presidente dell’associazione che dal ’96 si batte contro gli abusi della psichiatria”, ha spiegato che nelle prossime ore presenterà un esposto alla Procura di Milano affinché “apra un’inchiesta su questi gravi fatti di tortura”. Immediata la replica del Niguarda: “Non risultano allo stato di fatto elementi a riprova di questi casi”. E nel giugno scorso è stato lo stesso ospedale a trasmettere alla Procura la segnalazione di una paziente “in merito a supposti comportamenti scorretti” che sarebbero avvenuti nel padiglione Grossoni.

Pompa era accompagnato da alcuni volontari dell’associazione e dalla dottoressa Nicoletta Calchi, medico psichiatra dell’ospedale Niguarda, che ha raccontato di essere stata “sospesa per 20 giorni dalla struttura, dopo aver subito anche mobbing, a causa del rapporto umano instaurato con i malati”. A giudizio di Telefono Viola, “i gravissimi abusi della pratica coercitiva” sarebbero avvenuti nei tre reparti Grossoni del Niguarda e farebbero riferimento a sei casi. Fra questi c’è “la vicenda di Tullio C. morto un imprecisato giorno di ottobre di quest’anno, mentre era legato da 14 ore al letto”. E il caso di “Francesco D., morto il 26 settembre 2008 sempre legato al letto”.

All’interno del Grossoni – ha spiegato Pompa – non viene applicata la legge 180″, ovvero la legge Basaglia del ’78, che ha portato alla chiusura dei manicomi. L’associazione contesta anche il protocollo sulle cure psichiatriche del Niguarda che prevede la contenzione. “Questa pratica – ha aggiunto Pompa – è un’inaudita violenza fisica e psicologica che viene portata avanti in alcuni reparti di psichiatria in Italia”. Telefono Viola sostiene che nei reparti Grossoni i pazienti vengono legati e “non vengono controllati per ore, mentre anche il protocollo del Niguarda prevede controlli costanti”. Tullio C., secondo l’associazione, “venne legato al suo letto alle 11 di mattina e dopo 14 ore, alle 2 di notte venne trovato morto”. Nel giugno del 2005, invece, “il marocchino Mohamed M. subì lo spallaccio, ossia venne fissato supino al letto con un lenzuolo e si ritrovò con le braccia paralizzate”.

Rita F., invece, sempre secondo la denuncia, nel marzo del 2006 “venne legata e subì piaghe da decubito e infezioni”, mentre un’altra paziente “all’inizio di quest’anno è rimasta legata per 18 giorni e sei ore”. L’associazione, inoltre, ha spiegato che un esposto per un tentativo di violenza sessuale ai danni di una paziente è già stato presentato alla Procura di Milano. Telefona Viola ha mostrato poi una lettera scritta “a sostegno della dottoressa Calchi e firmata da 116 ex pazienti della struttura e dai loro familiari”.

In una lunga nota firmata dal direttore del Dipartimento di psichiatria, Arcadio Erlicher, e dal direttore sanitario, Carlo Nicora, l’ospedale rimarca che “la pratica della contenzione fisica in psichiatria è un provvedimento applicato in situazioni cliniche estreme unicamente a tutela della sicurezza dei pazienti e degli operatori. E’ presente nella maggior parte dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura italiani e non confligge con specifiche normative”. Inoltre, proseguono i due direttori, al Niguarda le procedure di contenzione “sono regolamentate dal 2006 da apposite linee guida, aggiornate nell’anno in corso coinvolgendo anche le associazioni dei famigliari così come previsto dagli standard internazionali”.

Le linee guida, in particolare, prevedono che la contenzione sia autorizzata formalmente dallo psichiatra e che le persone sottoposte a questo trattamento siano monitorate ogni 15 minuti. L’andamento complessivo di questi monitoraggi, aggiungono i medici, “è periodicamente riferito nelle riunioni del dipartimento Salute mentale con le associazioni di familiari e nell’assemblea del dipartimento, a cui partecipano anche le associazioni”. L’ospedale ha comunque disposto un’ulteriore indagine e “si riserva di agire a tutela dell’onorabilità e professionalità dell’intera équipe del dipartimento Salute mentale”.

***

Di seguito riportiamo i documenti rilasciati dal Telefono Viola di Milano:

 

[Fonte: http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/11/23/news/milano_la_denuncia_di_telefono_viola_morti_e_abusi_nei_reparti_di_psichiatria-9422309/]

Confessioni di un Ex leghista…

“Torno a fare il medico. La passione politica resta, ma ho visto troppe cose che non vanno, nei partiti”. Leghista bresciano, ex deputato del Carroccio, poi assessore alla Sanità in Lombardia. Attaccato da Formigoni e non difeso dalla Lega, Cè nel 2007 ha sbattuto la porta e se n’è andato dall’assessorato e dal partito. “Sa, io ci credevo nella Lega. E ho sempre fatto nelle istituzioni quello che dicevamo nelle piazze. Nel 2005 ero capogruppo alla Camera e ho fatto votare i nostri contro il governatore di Bankitalia Antonio Fazio, che la Lega attaccava nelle piazze come il nemico dei risparmiatori, come quello che aveva coperto i crac Cirio e Parmalat. Non mi ero accorto che invece l’aria era cambiata: Fazio aveva incaricato il banchiere Gianpiero Fiorani di salvare la banca della Lega, Credieuronord, ed era così diventato grande amico del Carroccio. Ma io sono andato avanti, mi sono rifiutato di passare dalla parte dei risparmiatori a quella dei malfattori. Nelle intercettazioni telefoniche dei furbetti del quartierino ce n’è una che dice: Fermatemi questo Cè. È Fiorani a chiederlo”.

In effetti lo fermano. “Mi chiama Umberto Bossi e mi dice: Torna in Lombardia, ti mettiamo a controllare questo Formigoni. Io obbedisco. Dal 2005 faccio l’assessore alla Sanità. Sono medico, qualcosa capisco. Sapevo che avrei trovato le mani dei partiti sugli ospedali, ma così non me l’aspettavo: controllano tutto, si spartiscono tutto. E Comunione e liberazione la fa da padrona. Sollevo subito il problema, contando sull’appoggio del mio partito. Accuso direttamente Formigoni di controllare militarmente tutta la sanità lombarda. E lui mi toglie le deleghe. È il 30 agosto 2005. La mattina dopo vado a Radio Padania e parlo chiaro. Segue un braccio di ferro durato 40 giorni. Mi chiamano Roberto Calderoli, Roberto Maroni, Umberto Bossi: ‘Cambia assessorato, vai al Territorio, non riusciamo più a coprirti. Io rispondo: Non ci penso nemmeno. Alla fine Formigoni mi restituisce le deleghe. Io preparo una riforma del sistema. Resisto fino alla primavera del 2007. Allora mi oppongo a un tentativo di privatizzare il 118, il sistema regionale di pronto soccorso. È la goccia che fa traboccare il vaso. Capisco che la Lega non mi sostiene più. Il 17 marzo do le dimissioni”.

Lo sostituisce il medico personale di Bossi, Luciano Bresciani. Continuità, dunque? “C’è assessore e assessore. C’è anche chi sta lì a fare la bella statuina. Tanto le decisioni le prende il direttore generale della Sanità, Carlo Lucchina. In Lombardia per la sanità si spendono 16 miliardi pubblici e 6 privati: in totale oltre 22 miliardi. Una cifra enorme. E senza controlli adeguati sulla qualità e sanzioni efficaci. Formigoni dice che in Lombardia c’è libertà di scelta e competizione tra pubblico e privato. Non è vero. Il paziente non ha strumenti per scegliere, non può capire la qualità dell’offerta. In realtà è in balìa di un eccesso d’offerta, che i privati moltiplicano nei settori più remunerativi, come urologia, cardiochirurgia, ortopedia, oculistica, emodinamica. Così si moltiplica artificialmente la domanda. Un meccanismo distorto che sottopone i pazienti a ipertrattamento: troppi interventi, anche se non ce n’è davvero bisogno, fatti dai privati per avere i drg (i rimborsi del sistema sanitario, ndr). E poi rincorsa ai drg più costosi: si fanno due visite quando ne basterebbe una, si opera in day hospital quando sarebbe sufficiente l’ambulatorio, si ricovera quando basterebbe il day hospital. Risultato: un finanziamento enorme ai privati. Al pubblico restano i settori dove si guadagna poco come medicina e oncologia”.

Non c’è clinica privata a Milano che non abbia avuto inchieste giudiziarie. “Sì, ma la magistratura non ha strumenti sufficienti. E poi l’attenzione viene messa sui comportamenti dei singoli medici, quando invece è il sistema che è criminogeno. Ci vorrebbe una vera programmazione, realizzata sui reali bisogni dei cittadini. Per farla, ci vorrebbero i numeri delle prestazioni offerte, disaggregate provincia per provincia: si vedrebbe subito l’anomalia di zone in cui determinati interventi sono anche del 50 per cento superiori alla media. Ma la Regione dice: non li abbiamo, quei numeri. Non sono mai riuscito a farmeli dare, neppure quando ero assessore. È così che il privato gonfia l’offerta fino ai numeri record della Lombardia: 160 milioni di prestazioni ambulatoriali, 2 milioni e 600 mila ricoveri. Con gli ospedali pubblici che sono sempre in perdita, e le cliniche private che fanno un mucchio di soldi: qualcuno dovrebbe spiegarcela, questa stranezza, no? La verità è che l’obiettivo finale è far sparire la sanità pubblica e dare tutto ai privati”. Cè chiude l’ultimo scatolone e torna a casa…

[Il Fatto Quotidiano del 05 Maggio 2010]

 

Bomba biologica a Santa Giulia

Un mega quartiere residenziale usato per seppellire ogni tipo di rifiuto cancerogeno. Per mesi, di notte i camion hanno seppellito senza sosta sostanze tossiche. Dov’erano le autorità sempre pronte a multare i cittadini per ogni piccola irregolarità? Un milione di metri quadri per un valore speculativo di un miliardo di euro. Il terreno è ora sotto sequestro a seguito di una denuncia dell’Arpa. Due falde acquifere avvelenate con solventi clorurati, mercurio, tricloroetilene. I valori dell’inquinamento sono cento volte superiori ai limiti di legge e possono produrre danni irreparabili alle donne in attesa. Nel quartiere è stato costruito un asilo con 60 bambini, anche il vicino parco Trapezio è contaminato. La società Risanamento, quotata in Borsa, è proprietaria dell’area, il nome più adatto per le bonifiche della ‘Ndrangheta.

Intervista a Gianni Barbacetto

Santa Giulia è la storia di un colossale imbroglio, è una storia di cui si comincia a parlare negli anni 80, quando le fabbriche vengono dismesse, si liberano grandi aree periferiche, alcune a Rogoredo, in realtà questo è il vero nome di Santa Giulia, un quartiere periferico di Milano, anzi paese alla periferia di Milano, un tempo.
Vengono fatte varie ipotesi, proposte, promesse, alla fine invece cosa si realizza dopo alcuni decenni di attesa? Cemento, case, viene dato un bel nome Santa Giulia. Vengono fatti degli spot mirabolanti in cui si dice che qui sorgerà, su questa area sfigata, periferica, proprio fuori Milano, il nuovo quartiere che rinnoverà la maniera di vivere dei fortunati che riusciranno ad andarci a abitare. Ci fanno un po’ di case, ci fanno delle case di lusso, le vendono a caro prezzo, sono in un’area sfigata della periferia milanese, vengono vendute come fossero aree e case preziosissime. I poveretti che ci cascano avranno delle orribili sorprese perché in questa città, in questa Milano che un tempo era la capitale morale d’Italia, si fanno piani urbanistici come quello imbellettato di Rogoredo chiamato Santa Giulia con sotto i piedi arsenico e altri veleni. Si vanno a vendere case di pregio a caro prezzo in luoghi insalubri dove viverci significa avere il rischio di poter contrarre il cancro, per esempio, questa è la storia di Santa Giulia.
Chi sono i protagonisti di questa storia? Un immobiliarista che era riuscito a farla franca ai tempi dei furbetti del quartierino e che si chiama Zunino, che acquista l’area, riesce a farci su questo suo mirabolante progetto meraviglioso di quartiere modello Santa Giulia, dà all’amico Giuseppe Grossi l’incarico di bonificare il terreno, in realtà la bonifica non viene fatta, viene fatta malissimo, vengono lasciati veleni, se non portati addirittura da fuori, veleni inquinantissimi, dall’arsenico in giù e con l’ombra anche che coinvolto nel movimento terra, come succede sempre dove c’è movimento terra nell’area milanese, ci siano anche gli uomini della ‘ndrangheta. Perché sono loro gli specialisti del movimento terra, sono loro i monopolisti del movimento terra, dove c’è da spostare terra ci sono le famiglie, i camion dell’‘ndrangheta e dentro i camion dell’ ‘ndrangheta spesso insieme alla terra buona c’è la terra cattiva, i veleni.
Questa è la storia di Santa Giulia in una città che ormai è spappolata, in una città come Milano in cui fin dentro il palazzo del governo municipale, fin dentro il Municipio, fin dentro il luogo da dove Letizia Moratti credeva di poter governare la città, c’è corruzione, malaffare, persone che si mettono d’accordo per dare le licenze ai night anche in cambio di tangenti, tangenti prese all’uscita del palazzo municipale poco distante, è una città che ha perso la sua anima, che ha perso la sua capacità di fare buona amministrazione, una città profondamente corrotta e in cui ormai si fa fatica anche a indignarsi e si va avanti tranquilli anche sapendo che sotto i piedi di un quartiere venduto a caro prezzo, ci sono veleni, veleni mortali.
Formalmente sulla carta ci sono regole rigorosissime per lo smaltimento dei veleni o anche dei normali materiali inquinanti, gli oli, le pile, i medicinali, questo sulla carta, nella realtà i controlli si possono aggirare, chi fa le cose in piccolo è costretto a seguire i controlli e a fare gran fatica anche solo per buttare via un vecchio televisore, chi invece fa le cose in grande e porta veleni mortali, può farlo tranquillamente, aggirando i controlli, pagando tangenti, dando incarichi agli uomini dell’‘ndrangheta i quali fanno buoni prezzi per forza, perché non smaltiscono secondo le regole e senza che nessuno abbia la possibilità di intervenire.

 

[Fonte: http://www.beppegrillo.it/2010/07/31/bomba_ecologica_a_santa_giulia.html]

pignorato conto corrente AMP

Il conto corrente dell’Ambulatorio Medico Popolare è stato pignorato.

Per favore NON INVIATE PIU’ DONAZIONI SUL CONTO CORRENTE, sarebbe una donazione alla famiglia bigoni, che ha comprato i locali ove si trova l’AMP per una manciata di euro nel 2004.

Ci stiamo adoperando per divulgare la notizia proprio per evitare quanto sopra.