Quando legalità e umanità diventano inconciliabili. Solidarietà a Mimmo Lucano

Oggi, in Italia, chi lotta per la difesa dei diritti umani non è semplicemente ostracizzato o lasciato ad una battaglia solitaria, ma compie un delitto e, per questo, merita una condanna esemplare, che faccia passare la voglia di provarci.

È questo il messaggio che rimbomba nelle nostre menti dal 30 settembre, giorno della condanna in primo grado a tredici anni e due mesi di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, con le accuse di reati di associazione a delinquere, truffa, peculato, falso ideologico e abuso di ufficio. Pena ben più dura di quelle generalmente inflitte per i reati di omicidio volontario (dodici anni e mezzo) e reati di mafia, in assenza di omicidio e con rito abbreviato (sette anni).

Con il suo progetto, Mimmo Lucano era riuscito a conciliare la rinascita di un paese ormai morente e la restituzione alla vita di migliaia di persone. Peccato che queste persone fossero migranti, gli ultimi e, si sa, gli ultimi non piacciono a nessuno.

Quello di Riace è diventato un esempio virtuoso di integrazione a livello europeo e ha dimostrato che l’inclusione può essere un modello non solo praticabile ma auspicabile, sia a livello sociale che economico, prova ne sia il consenso politico che Lucano ha riscosso sia a livello locale – eletto sindaco per tre mandati di fila con appoggio crescente – che europeo – ricevendo la richiesta di candidarsi al Parlamento Europeo ed essendo considerato uno dei cinquanta uomini più influenti del pianeta.

Probabilmente questo non è piaciuto a chi da sempre ha stigmatizzato l’immigrazione come causa di disordine sociale e disagio economico. E così si è riusciti a mettere in piedi un’inchiesta, partita dalla procura di Locri nel 2017, che ha visto dapprima l’arresto nel 2018, quindi “l’esilio”, annullato l’anno successivo dalla Cassazione, il rinvio a giudizio, fino all’inaspettata sentenza, una condanna quasi raddoppiata rispetto a quella richiesta dall’accusa.

Trovarsi ad accogliere esseri umani scontrandosi con leggi che umane non sono, come l’obbligo di cacciare dalle strutture coloro il cui permesso umanitario era scaduto, senza preavviso – grazie al Decreto Sicurezza – fa di uomo un criminale? Se queste sono le leggi, se questo è lo Stato, va da sé che legalità e umanità diventano inconciliabili.

Noi auspichiamo che i gradi successivi ribaltino una sentenza tanto assurda da sembrare irreale. Intanto resta salda l’idea che la via dell’accoglienza e dell’inclusione possa essere l’unica percorribile.