Comunicato di un nostro compagno dal Venezuela – 21 Febbraio 2014
Il riassunto di quanto sto per raccontare e circostanziare è: il Venezuela sta affrontando un tentativo di colpo di Stato fascista promosso dagli Stati Uniti.
Non c’è nessuna protesta popolare contro il governo: ci sono, invece, squadracce fasciste, ossia piccoli gruppi molto preparati che stanno sabotando i servizi pubblici, come elettricità e trasporti, devastando aree di pubblica utilità, assaltando il canale pubblico (Venezuelana TV), distruggendo ospedali a gestione cubana in varie città del Venezuela. Il tutto camuffandosi da ribelli…
Vediamo di organizzare un discorso.
Cominciamo col dire che ogni accusa di regime autoritario, dittatura, mancanza di democrazia o scarsezza di pluralismo di informazione, è ridicola.
Dal 1999, anno della prima vittoria di Chavez, ci sono state diciannove tornate elettorali, diciotto delle quali vinte dalla sinistra – ossia dalla rivoluzione bolivariana, come dicono qua. Se, invece, guardiamo solo agli ultimi due anni e mezzo, ci sono state quattro elezioni tutte vinte dalla rivoluzione.
Per quanto riguarda l’informazione, l’85% dei media nazionali sono privati, ossia rispondono a interessi dei gruppi industriali, di una borghesia fortemente ostile ad una qualsiasi direzione politica che non mantenga intatti i propri interessi, come era fino al 1999.
So che sui social network, sulla CNN (quindi immagino anche su Repubblica) girano foto di repressione e violenza poliziesca: sono state dimostrate essere foto già pubblicate anni addietro, scattate in altri Paesi, o del Venezuela del vecchio regime, o addirittura foto di compagni feriti nel 2013, fatti passare per attuali fasci sfigurati. Gira anche una foto di una protesta in Catalogna spacciata per una foto attuale nel sud del Paese. Un’altra foto, con uno sbirro in moto con dietro un tizio travisato, invece, è della Colombia di qualche anno fa.
Il ruolo degli Stati Uniti.
Come sempre, la CIA si serve di agenzie di Stato, della USAID, di società alla luce del sole per i propri fini di controllo politico. Nel caso del Venezuela, il motivo per cui questo governo non le sta bene è facile a capirsi: è un Paese “sotto casa loro”, con una riserva petrolifera e di gas naturale enorme, oltre che di oro dell’Amazzonia, che dal 1999 non sta più permettendo loro il saccheggio delle proprie risorse naturali.
Per capire perché, pochi giorni fa, sono stati espulsi dal Venezuela tre diplomatici degli Stati Uniti, basta sapere che questi, oltre a finanziare con fondi molto ingenti gruppi di opposizione particolarmente violenti, avevano anche già fornito i visti per essere accolti negli Stati Uniti una volta finita l’azione violenta pianificata.
Dunque, esistono documenti ufficiali di una riunione tenutasi nel giugno del 2013 in Colombia, vicino al confine venezuelano, in cui parteciparono tre società di “consulenza”, due agenzie colombiane (facenti riferimento ad Alvaro Uribe), e una statunitense (la FTI Consulting). In questa riunione, mettono nero su bianco una strategia per rovesciare il governo rivoluzionario: la prima parte consta nella cosiddetta guerra economica, che vuol dire creare a tavolino la scarsezza di beni di prima necessità, in modo che la gente dica “governo ladro”, “è colpa del Partito Socialista”… Come?
- Avete presente i bagarini dello stadio? Stessa roba, ossia con l’accaparramento e lo stoccaggio di tonnellate di beni largamente consumati in depositi nascosti o col passaggio di tali beni in Colombia, per poi contrabbandarli in Venezuela a prezzo altissimo. Risultato, la gente impazzisce per trovare un litro di latte, e se lo trova lo paga carissimo. Questo è clamoroso negli Stati di confine con la Colombia, dove si vedono proprio gli scaffali vuoti nei supermercati e le code di gente fuori prima che aprano. Spesso, negli ultimi mesi, l’esercito venezuelano ha trovato depositi nascosti di migliaia di tonnellate di cibo, spesso scaduto. Due giorni fa, vicino a Maracaibo, una squadraccia fascista ha bruciato un camion con tonnellate di carne destinate al consumo della popolazione.
- Col padronato delle imprese produttrici di cibo e beni di largo consumo, che volutamente fanno produrre al minimo le loro industrie – a zero no, perché se no il governo ha il diritto di espropriarle. Gli stessi padroni oppositori del governo sono spesso anche proprietari degli stessi supermercati, quindi una birra al supermercato ti costa di più di una birra presa in una drogheria di un quartiere popolare. Sui prezzi, insomma, per mesi hanno fatto il cazzo che volevano. Il governo ha recentemente fissato una legge che pone un tetto massimo di guadagno sui beni in vendita, e – guarda caso – pochi giorni dopo sono esplose le violenze fasciste e le devastazioni, peraltro sempre mirate. Violenza chiaramente fascista, infatti mai si è visto nulla di spontaneo dal basso, né per il popolo, nulla del tipo assalto ad un centro commerciale, né esproprio, né spesa proletaria; queste ultime cose avvenivano invece negli anni Novanta, quando la gente sì che era affamata, non privata delle cose a tavolino. La spesa proletaria la fornisce il governo in alcuni luoghi, dove danno beni di prima necessità a prezzi popolari.
La seconda fase prevede azioni di sabotaggio dei servizi pubblici, sempre per portar la gente a dire che il governo non funziona. Il piano prevede sabotaggi al servizio elettrico, ai trasporti, ai servizi di salute.
In questi giorni, dopo la chiamata dei partiti dell’opposizione a fare casino in piazza, non si sono viste risposte di popolo, ma solo gruppi che sono pagati dal primo all’ultimo per fare assalti a stazioni di metro e autobus, con diversi feriti tra lavoratori ed utenti, per bruciare mezzi e strutture di centrali elettriche, per assaltare ospedali a gestione cubana ed ambulatori gratuiti (le cliniche per i ricchi non le tocca nessuno). In più, la devastazione del territorio urbano di pubblica utilità, un danno economico solo per lo stato e i suoi cittadini.
C’è un’intercettazione telefonica dell’11 febbraio, il giorno precedente ai primi morti in piazza, di una conversazione tra Miami e Caracas, in cui un famoso oppositore criminale rifugiatosi negli Stati Uniti per sottrarsi alla pena, dice a quello in Venezuela che il giorno dopo ci sarebbero stati dei morti in piazza, similmente a quanto avvenne nel 2013 in aprile, il giorno dopo la vittoria elettorale di Maduro.
Un’altra intercettazione telefonica di pochi giorni fa rivela la cifra esorbitante di cui dispongono per pagare cecchini e gruppi di motociclisti per commettere omicidi mirati in momenti di particolare tensione politica – per far esplodere, sostanzialmente, una guerra civile.
Quindi, la terza fase del piano prevede sommo caos, guerra civile, e infine cambio di governo, con un burattino compiacente agli interessi capitalistici tout court, il tutto senza sporcarsi direttamente le mani con un invasione di marines.
Un altro fatto noto è il finanziamento da parte della USAID, già dal 2007, di gruppi fascisti venezuelani, alcuni studenteschi di destra (ricordiamo che gli studenti oppositori del governo sono solo una minoranza, circa il 15%, ma sono molto foraggiati). Il più famoso di questi si chiama Mano Blanca, ed è anche stato invitato anni fa ad un congresso di Azione Giovani, col Berlusca che gli pagava la metà del biglietto aereo.
Non vi è nulla di spontaneo in queste azioni mirate di violenza, è un piano preciso di destabilizzazione del paese. Finora ci sono già stati una decina di morti da arma da fuoco, e circa ottanta feriti. I colpi di pistola hanno colpito persone di qualsiasi parte politica, ci sono evidenze balistiche che mostrano che i colpi sono partiti dall’alto, da case, colpi sparati da cecchini mercenari. L’altro ieri addirittura il colpo che ha ucciso una leader studentesca della destra è partito dello stesso corteo di oppositori al governo.
La componente paramilitare, o meglio l’invasione militare.
Il paramilitarismo colombiano vede nell’ex presidente colombiano Alvaro Uribe un interprete fondamentale, nel senso che col paramilitarismo ha fatto la sua fortuna politica ed economica, e col paramilitarismo sta provando a spostare gli equilibri in Venezuela, per allargare il suo terreno di controllo economico, ossia in senso di narcotraffico. Che Uribe sia da sempre sostenuto non solo economicamente e politicamente, ma anche a livello di infrastrutture belliche e di intelligence dagli Stati Uniti è noto da parecchi anni, tanto che a sto giro non ha potuto mettere direttamente la sua faccia al governo della Colombia, ma un suo burattino, ovvero Santos.
Ebbene, da diversi anni molti paramilitari sono venuti in Venezuela con intenti contro-rivoluzionari precisi. In alcuni casi, i più clamorosi fatti son stati resi pubblici, tipo nel 2004 quando, camuffati da esercito venezuelano, 153 paramilitari erano pronti a bombardare una trasmissione dove c’era Chavez, e ad assaltare il palazzo del governo ed altre sedi simbolo, il tutto facendo credere che fosse una rivolta tutta interna all’esercito di Chavez. Altre volte vengono sgamati appena passano il confine, ma il più delle volte passano tranquillamente. Questo per dire che questi paramilitari sono palesemente coinvolti nelle azioni più violente ed efferate che si sono viste in queste ultime due settimane – tipo l’assalto con bombe molotov alla casa di un governatore di sinistra di uno stato di confine (il Tachira), o il rogo di decine di mezzi di una compagnia elettrica…
In Tachira, per l’appunto, i paramilitari colombiani stanno costituendo una vera e propria base, per questo il governo ha inviato diversi militari laggiù, dichiarando in quello Stato lo stato d’emergenza.
Ma esistono evidenze anche che questi paramilitari si infiltrano nei quartieri popolari delle grandi città, regalando droga e armi ad alcune bande per destabilizzare i delicati equilibri dei barrios e far aumentare di brutto la criminalità, macro e micro. A questo proposito, qualche anno fa, le FARC inviarono a Chavez una lista con nomi e cognomi di paramilitari colombiani e il luogo in Venezuela dove stavano operando.
Le università.
In Venezuela, fino al 1999, esisteva solo l’università per le élite. Poi, poco a poco, sono state aperte molte nuove università, aperte nuove facoltà, tolti i numeri chiusi. Il tutto gratuito e per il numero maggiore di gente possibile. Molti rettori ed alcune università, tuttavia, sono ancora connotate in parte da un una storica avversità per gli strati meno abbienti, se non in opposizione aperta al governo. Si spiega pertanto come mai nelle ultime due settimane alcuni rettori abbiano deciso di chiudere temporaneamente le lezioni, solidarizzando di fatto con il tentativo in atto di colpo di stato.
Quindi, diciamo che una minoranza di studenti, quelli che all’università ci sono sempre potuti andare, son di destra e sognano di vivere a Miami o in Europa, per poter comprare ogni bene firmato, dai prodotti Apple, alle borse Louis Vuitton, ai prezzi non da importazione a cui li trovano qua.
Questi stessi studenti, quando il 12 febbraio l’opposizione convoca un corteo, in cui in tutto comunque erano poche migliaia di persone, non c’entrano con i gruppetti organizzati di decine di persone che si staccano alla fine del corteo caricando la polizia con molotov e sassi in direzione del palazzo del governo.
La polizia locale.
Perché in alcuni sottomunicipi di Caracas e nella città di Merida le violenze sono continue, gruppetti di fa(s)cinorosi continuano imperterriti a bloccare strade, bruciare gomme ed assaltare stazioni metro e sedi della TV pubblica? Perché questi corpi di polizia sono agli ordini dei sindaci locali, a loro volta dell’opposizione, che non danno ordine di intervenire, non che da altre parti reprimano, ma per lo meno non ci sono più queste azioni, anzi i sindaci si adoprano già alla ricostruzione di piazze e parchi.
Insomma, il copione assomiglia molto al 2002, e ad altri tentativi di golpe falliti di questi anni, in cui gli Stati Uniti e il capitalismo venezuelano sono stati sconfitti. Abbiamo motivi per pensare che questi tentativi fascisti continuino a fallire.
da Frengo – attualmente in Venezuela.