Vogliamo chiarezza e trasparenza sulla situazione delle cinque donne nigeriane incarcerate, così come delle altre migranti, invisibili e senza nome, detenute nei Cie italiani. Vogliamo che tutte abbiano un nome, vogliamo che siano rispettati i loro diritti, vogliamo che abbiano la possibilità di comunicare con l’esterno e di far sentire la propria voce. I Cie sono luoghi di violenza, e ne chiediamo la chiusura. Ma nel frattempo avvocate e associazioni di donne devono potervi entrare.
Abbiamo saputo solo ora che fino ad oggi Joy era formalmente priva di assistenza legale “per errori burocratici”. Al suo avvocato, che si era recato al carcere di Como insieme ad una interprete per raccogliere elementi utili a integrare la denuncia di tentato stupro, è stato impedito di vederla, dicendogli che era stato “revocato” e “sostituito” dalla stessa Joy. Nessun documento scritto però lo testimoniava. Risultava soltanto una nomina all’avvocato assegnatole inizialmente d’ufficio, che Joy peraltro non ha mai accettato e che nemmeno conosce. Oggi ci spiegano che l’incarico all’avvocato D’Alessio non era stato ratificato per “disguidi tecnici” (!) e solo dopo innumerevoli pressioni si sono detti disposti a riconoscerlo.
Come mai si è ostacolato l’incontro con l’avvocato dopo la deposizione della denuncia di violenza sessuale? Come mai si impediscono i contatti con l’esterno proprio nel momento in cui si allarga la mobilitazione di molte donne che richiedono con forza che Joy e le altre non siano rimandate tra le mani dei loro aguzzini?
Il silenzio che avvolge l’esistenza stessa dei Cie, luoghi di sospensione dei diritti, e l’indifferenza generalizzata verso la violenza razzista e sessista che in quei luoghi è di casa, ci interroga nel profondo come donne e come cittadine. Chiediamo non solo alla stampa, ma all’intera città di riflettere sul livello di abuso e di non-umanità cui ci stiamo abituando.
La violenza sui senza voce mostra il volto estremo di una devastante crisi di civiltà che ha mille facce, dalla precarizzazione della vita e del lavoro fino alla criminalizzazione dei migranti in nome di ipocrite politiche securitarie.
E una volta di più sono corpi di donna al centro di questa spirale di violenza, nodo cruciale su cui nel privato, nel pubblico e nell’oscurità dei Cie si gioca la partita dei poteri vecchi e nuovi.
Le donne che si sono incontrate al presidio del 25 novembre in piazza Cadorna e che vogliono rompere il silenzio di Milano sulle violenze nei Cie
Per contatti: 2511@inventati.org
Appuntamenti:
giovedì 11 febbraio
Roma: ore 16.30 metro Piramide, volantinaggio di donne, femministe e lesbiche
venerdì 12 febbraio
Como: ore 6.30 di mattina davanti alla stazione di Albate Camerlata Fs. Dalle ore 7 in poi davanti al carcere in via Bassone 11 – per aspettare Joy!
Brescia: ore 8.45 fuori dal carcere di Verziano (Bs): presidio con striscioni, musica e interventi fuori dal carcere, dove si terrà anche una conferenza stampa.
Per partire tutt* insieme appuntamento alle 8.15 al c.s.a. Magazzino47 di Brescia.
Mantova: presidio